Mamma ora che faccio?

– che aspettative avevi rispetto alla gravidanza?

Da un lato troppo alte, nel senso che avevo letto troppi manuali, forse, visto troppe pubblicità di omogeneizzati e pannolini in cui mamme e figli hanno il viso rosa e rilassato e c’è un’intesa perfetta al primo sguardo. Su quei manuali venivano tracciate indicazioni “in stile Ikea-per poppanti”per far dormire il piccolo, farlo calmare, intrattenerlo e così via, ma solo con la nascita di mio figlio ho scoperto che ogni bambino è un mondo a sé, la regola che è andata bene per uno non va bene per l’altro. Nello specifico, per mio figlio sembrava non valesse proprio nessuna delle “regole” che mi venivano propinate da libri, amici o parenti. Solo con il tempo ho scoperto le regole tutte nostre. Qui viene l’altro lato della medaglia, le aspettative più basse rispetto alla realtà: non immaginavo la fantastica avventura che stavo per vivere. Pensavo fosse una cosa grande, immensa, è vero, ma ho scoperto che nessuno di questi termini rende l’idea. È molto di più.
– cosa non ti aspettavi?

Tante cose. Per esempio i problemi con l’allattamento: credevo fosse automatico che un bimbo, appena nato, si attaccasse al seno della madre. Forse lo sarebbe stato, se mi avessero permesso di tenerlo dopo il parto, invece ero in uno dei tanti ospedali che ti separano dal bimbo appena nato e te lo portano di nuovo solo in orario delle visite, alcune ore dopo. Nel frattempo il primo istinto di suzione è andato perduto. Per altro non era previsto il “rooming-in”, quindi per tre giorni non ho potuto allattare a richiesta e il mio bimbo era un po’ pigro, non voleva fare neanche un piccolo sforzo per ottenere il suo adorato latte. Insomma, mi ero preparata, sapevo tutto su colostro, posizioni, consigli, eppure non ero pronta a quei problemi e mi sentivo inadeguata. Purtroppo ha contribuito a questo senso di colpa la presenza di personale poco empatico all’interno dell’ospedale dove ho partorito: chiunque passava mi dava un’indicazione diversa, magari anche in modo sgarbato, quando non sbrigativo. Avevano altre (troppe) mamme a cui pensare. Ero confusa e spaventata, intorno a me le altre compagne di stanza allattavano senza problemi, mio figlio invece piangeva e basta e io dietro a lui. Sono riuscita a risolvere il problema solo una volta uscita di lì, da quella “caserma” dove il mio bimbo era solo un numero, nell’intimità di casa nostra. Anche grazie al supporto di specialisti a cui mi sono rivolta. Non avrei mai immaginato tutti quei problemi.
– cosa avresti voluto fosse diverso?

I primi momenti in cui avevo il mio bimbo tra le braccia ero talmente spaventata, preoccupata, che non mi sono goduta la magia di quello che stava succedendo. Se dovessi avere un altro figlio, saprei apprezzare di più quegli istanti che non torneranno più.
– ti ha aiutato parlare con altre mamme?

Dipende: ci sono mamme che mi hanno aiutato tantissimo, che mi hanno fatto capire che non ero l’unica ad avere certi problemi e perplessità. Altre mamme che, invece, non so perché ma ostentano una sicurezza e una vita perfetta che, so per certo, non hanno. Non so perché lo facciano, credo che noi donne sappiamo farci forza a vicenda tanto quanto sappiamo ferirci. In generale, però, credo che il confronto tra mamme, quando è autentico, sia essenziale, vitale quasi! Ho alcune amiche che hanno partorito poco prima o poco dopo di me e con loro mi confronto per tutto, ci facciamo forza nei momenti difficili e ci rassicuriamo quando abbiamo delle paure.
– gli ormoni ti hanno reso la vita difficile?

Abbastanza. Succede tutt’ora, sarà che ancora non ho smesso del tutto di allattare. Ma il picco l’ho avuto durante i primi mesi di gravidanza. Avevo degli sbalzi d’umore forti ma soprattutto vivevo tutto troppo “violentemente”.

– racconta il momento più bello di quel periodo
Tra i momenti più belli della gravidanza ricordo la prima volta che ho sentito battere il suo cuore. Non me l’aspettavo, era così piccolo, pochi millimetri, io ero incinta da poco più di un mese, mi sembrava troppo presto. Invece eccomi lì, a rendermi conto di avere due cuori in un corpo solo e che quello che stava succedendo era reale.

Ricordo anche la prima volta che siamo rimasti davvero solo io e lui, a casa nostra. Senza ostetriche, papà, nonni…lui mi guardava, mi cercava con i suoi occhi ancora “miopi”, con le manine studiava i miei lineamenti, con movimenti ancora confusi. Ho iniziato a piangere, non era mai successo prima. Ero felice ma piangevo anche per scaricare tutta la tensione, è stato liberatorio

– racconta il momento più brutto

Le nausee continue, tenerle nascoste in ufficio per non far capire che ero incinta. Avevo paura della reazione (avevo ragione a temere le conseguenze, visto che poi sono stata lasciata a casa…), quindi non avevo parlato con nessuno e tranquillamente fingevo di dover andare in bagno o a prendere un caffè quando in realtà stavo malissimo. Mi sentivo morire ma non potevo/volevo parlare con nessuno.

Quando poi la storia è uscita fuori e avevo ancora nausee (stavolta alla luce del giorno), mi sono sentita dire “te la sei voluta”. È stato un altro momento davvero brutto.

– secondo te di cosa c’e’ bisogno in Italia per le neomamme?

Punti di ascolto e confronto, informazioni circa i nostri diritti, tutela sui posti di lavoro che ci restituiscano dignità e un’eguaglianza reale con gli uomini

– cosa consiglieresti ad una donna che decide di avere un bambino e perché?

Se ha accanto un compagno, consiglierei di chiedersi se il loro rapporto è davvero forte, perché verrà messo a dura prova. In generale, chiedersi se si hanno desideri in sospeso e cercare di esaudirne quanti più possibile, perché il bambino, almeno per i primi tempi, richiederà tante attenzioni, forze, e lui verrà prima di tutto, perciò aver pochi rimpianti (nessun rimpianto secondo me è impossibile!) aiuta a soddisfare le sue esigenze o dedicare a lui la maggior parte della giornata con il cuore più leggero


Un pensiero riguardo “Mamma ora che faccio?

    Mamma ora che faccio? « associazioneprima ha detto:
    11 dicembre 2013 alle 10:21

    […] Mamma ora che faccio? […]

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